Il processo di Concia nella storia

La storia della concia risale addirittura all’epoca preistorica, quando l’uomo ha iniziato ad utilizzare le pellicce degli animali che cacciava per proteggersi dal freddo e dalle intemperie. La pelle è però un materiale organico proteico, pertanto, dopo pochi giorni, se non correttamente trattato, è soggetto alla putrefazione. Nasce così l’esigenza di trovare dei processi che ne permettano la lunga conservazione e l’utilizzo prolungato. Fin dai tempi antichi l’uomo ha scoperto che l’acqua, le aldeidi (sprigionate dal fumo di legni freschi), i tannini (contenuti nei legni e nei vegetali) e la calce (parte calcarea derivante dalle pietre del focolare), permettevano alla pelle di durare nel tempo, senza marcire.
Per molti secoli, la tecnologia conciaria si è avvalsa di questi componenti e del lavoro manuale dell’uomo per effettuare il processo di concia. Solo nella seconda metà dell’Ottocento, con l’introduzione del bottale (grande cilindro che ruota attorno al proprio asse e che permette alle sostanze di penetrare meglio e più velocemente all’interno della pelle), il procedimento si è trasformato da artigianale ad industriale, con evidenti benefici in termini di tempi ed efficacia.
Agli inizi del Novecento, poi, è stata introdotta la concia al cromo, ancor oggi la più diffusa ed utilizzata, che si basa sulla capacità conciante del cromo trivalente per rendere imputrescibile la pelle.
Al giorno d’oggi, esistono diversi tipi di concia, che si differenziano tra loro per le sostanze e gli agenti chimici che vengono utilizzati (cromo, alluminio, zirconio, tannini, aldeidi, grassi, ecc.).
Come già accennato, l’80-90% dei cuoi prodotti a livello mondiale sono trattati con la concia al cromo trivalente. Le pelli ottenute in questo modo vengono comunemente dette “wet-blue”, per il caratteristico colore azzurrino che assumono.
Fino a qualche mese fa, anche la produzione di Marchetto Pellami era quasi esclusivamente basata su pelli conciate in questa maniera. La novità che stiamo apportando negli ultimissimi tempi consiste nel fatto che, parallelamente alle tradizionali lavorazioni in wet-blue, abbiamo introdotto anche un processo di concia durante il quale non vengono utilizzati né cromo né altri metalli: trattasi della concia in “wet-white”, che si avvale della combinazione tra tannini sintetici e tannini vegetali.